domenica 11 dicembre 2011

Fino a pagina 34

La lettura continua, intrigante, sorprendente, coinvoigente. Non riesco ad andare molto veloce per la necessità di fissare i concetti importanti e riproporli anche a chi il libro non lo sta leggendo (ma lo consiglio, come pure proverò a suggerirne la traduzione e diffusione in Italia).

Naturalmente non posso riportare ogni cosa, per non incorrere in guai (egali, ma la storia ha un non so che di poliziesco... pagina dopo pagina si fa più complessa e più densa di situazioni che fanno riflettere.

Gli elementi chiave della vicenda sono innanzitutto la verifica che a mangiare i pesci più contaminati, tra i pazienti della dottoressa, sono state persone di livello medio-alto, con maggiore disponibilità economica così da  permettersi quelli più costosi.
Oltre a quelli già citati compare un certo "albacore", che nella mia ignoranza in materia non riesco a tradurre (mi pare sempre della famiglia dei tonni).
Per il resto si conferma il silenzio del Governo, nei suoi enti dedicati, e l'indisponibilità a procedere ad indagini sui pesci che aggiornino le ricerche degli anni '70 e '90, come i valori di riferimento contraddittori sia in assoluto che per unità di misura.
Ma la dottoressa viene in contatto con i media ed inizia la pubblica diffusione delle sue scoperte.

Vi copio l'audio di un'intervista radiofonica del 2008. Parla di "fish fog", la personale definizione che attribuisce a questi "stati di annebbiamento" che credo di conoscere pure io!


Fa anche riferimento ad un'allarme che portò a ritirare le scatolette di tonno dal mercato negli anni '70, di cui la gente avrebbe perso memoria.


Consiglia di non volere pesci troppo grandi nel proprio piatto, evitare il tonno, ridurre i crostacei!

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