mercoledì 14 dicembre 2011

Mare di casa mia

Occhio non vede, cuore non duole. Perciò si potrebbe pensare che le alte concentrazioni di metalli pesanti nei pesci non siano un affare di casa nostra.
A rompere le uova nel paniere arrivarono però ricercatori dell'Univesità di Parma già nel 2000, descrivendo l'alto Adriatico come un "concentrato di schifezze" (l'espressione poco scientifica non proviene ovviamente da loro): http://www.unipr.it/arpa/facvet/annali/2000/ghidini/ghidini.htm.
Leggendolo intanto scopro i valori dei limiti di sicurezza europei: 
"la legislazione italiana, in attuazione di una direttiva comunitaria (Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea, 1991), fissa un livello massimo di 0,5 mg/kg nelle parti commestibili dei prodotti della pesca, tranne che per le specie predatrici dove il livello massimo tollerato è di 1 mg/kg (Gazzetta Ufficiale Italiana, 1994). Il Comitato congiunto FAO-WHO ha stabilito un limite provvisorio tollerabile di assunzione settimanale, sia per il mercurio totale (0,3 mg per un adulto di 60 Kg) sia per il metilmercurio (0,2 mg)".
Concentrandomi solo sul mercurio, verrebbe da sintetizzare così i risultati:
- particolare attenzione alla zona di Trieste;
- pesci spesso contaminati oltre i limiti sono i "bentonici" (cernia, scorfano, grongo, razza, sogliola, rana pescatrice, linguattola) e chi di questi si ciba come il sarago.
Per inciso non c'è la stessa preoccupazione rispetto al cadmio, con valori ancora contenuti, mentre per l'arsenico i pesci più a rischio sono quelli già indicati. La ricerca è di una decina abbondante di anni fa. Magari oggi...

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